"La costrinsero al silenzio dopo la denuncia: 'Anche mia nonna mi picchiava'"

Una storia atroce di violenza, omertà e paura arriva da Oppido Mamertina, nel cuore dell’Aspromonte. Una giovane donna è stata chiusa in una stanza e frustata a sangue dalla propria nonna 78enne e dallo zio 47enne, perché aveva trovato il coraggio di denunciare le violenze sessuali subite da minorenne da parte di giovani legati alla criminalità organizzata di Seminara.
Frustata dalla famiglia per proteggere i violentatori
I familiari non volevano "inimicarsi" le famiglie della ’ndrangheta, e hanno reagito con crudeltà inaudita: punizioni fisiche, insulti, pressioni psicologiche per costringerla al silenzio. Lo zio ha ricevuto un divieto di avvicinamento, mentre la nonna è stata arrestata. Altri membri della famiglia avrebbero addirittura tentato di convincere la giovane e sua madre a suicidarsi.
«Volevano che mi facessi passare per pazza»
“Mi dicevano di andare da uno psichiatra, così avrebbe certificato che ero pazza”, ha raccontato la ragazza agli investigatori. Ma lei ha resistito, anche grazie al coraggio di un’altra vittima, che aveva denunciato episodi simili avvenuti a Seminara. Quella prima denuncia ha aperto la strada alla verità.
I colpevoli già condannati
I violentatori delle due ragazzine sono già stati condannati lo scorso marzo, con pene comprese tra i 5 e i 13 anni. Una piccola ma significativa vittoria contro l’omertà e la violenza sistemica.
Conclusioni
Questa vicenda mette in luce quanto sia ancora difficile, in alcune zone d’Italia, spezzare il silenzio imposto dalla cultura mafiosa. Ma la denuncia di queste giovani donne dimostra che il cambiamento è possibile, anche nei contesti più duri.
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